Seleziona una pagina

Agosto 5, 2022

Produrre birra artigianale da pane invenduto e un delizioso ri-snack da orzo rigenerato: questa la mission di Biova Project, la startup tutta italiana capace di trasformare un rifiuto in un nuovo prodotto alimentare, in un’ottica di sostenibilità e circolarità.

Biova Project: un modello di economia circolare

L’obiettivo della startup è quello di investire in progetti food che contrastino gli sprechi, servendosi il più possibile di cibi e alimenti per limitare, fino al 40%, l’uso di materie prime. Così facendo, si garantisce non solo un notevole risparmio economico sulla spesa quotidiana, ma anche una netta riduzione delle emissioni di CO2 nell’ambiente.

Ad esempio, per ogni 150 chili di pane recuperato, Biova è in grado di produrre almeno 2500 litri di birra artigianale, risparmiando all’ambiente ben 1365 chili di CO2 e salvaguardando il 30% del malto d’orzo, materia prima fondamentale.


Il progetto si fonda sul modello del “Gypsy brewing”: per la produzione Biova non si poggia su un birrificio esclusivo, ma individua di volta in volta quello più consono alle proprie esigenze anche in base al pane che viene utilizzato per la cotta. Ecco perché il packaging dei prodotti varia a seconda delle caratteristiche territoriali del luogo in cui vengono prodotti. “Biova Milano ha un packaging che riprende i tre colori delle linee metropolitane della città, Rossa, Verde, Gialla, ed è diversa dalla Biova Lago di Como che ha un’etichetta tutta sua e che, a sua volta, differisce dalla Biova di Eataly o di Unes o, ancora, da quella di Coop, tutte insegne per cui produciamo”, spiega il CEO di Biova, Franco Dipietro, a Actanonverba.it.

Birra artigianale e ri-snack: dove trovarli

La birra e il ri-snack Biova – i primi due prodotti della società – sono già disponibili in bar, ristoranti e alberghi selezionati, e in oltre 550 punti vendita GDO come Coop, Eataly e Carrefour. Quella della startup sul canale Horeca è stata una rapida ascesa: basti pensare che nei soli primi 4 mesi del 2021 è stato eguagliato il fatturato dell’intero 2020.

“Abbiamo deciso scientemente di fare business investendo nella bioeconomia circolare, non ricorrendo all’aiuto di fondi o finanziamenti a perdere – sottolinea Dipietro. “La nostra birra è entrata subito nella grande distribuzione organizzata, da cui siamo stati anche corteggiati. La GDO è la prima ad avere problemi di smaltimento del surplus alimentare, e noi avevamo escogitato un metodo per facilitare il recupero di almeno una parte di esso”, conclude.

Leggi anche: Smaltire i rifiuti plastici grazie a insetti e lombrichi: il progetto RECOVER

Ora la volontà della startup è quella di investire, anche grazie ai ricavi ottenuti, maggior capitale per finanziare nuovi progetti, tra cui lo sviluppo di nuovi centri regionali di raccolta, stoccaggio e lavorazione di pane invenduto e nuove assunzioni in azienda.

 

Alessandra Marcelli

©️ RIPRODUZIONE RISERVATA – La riproduzione, anche parziale, dell’articolo è vietata. I trasgressori saranno perseguibili a norma di legge.
Share This