Novembre 29, 2021
Aumenta la quota di acque reflue urbane raccolte e trattate in Europa, ma non in Italia. A dirlo è l’European Environment Agency (EAA), che ha pubblicato i dati dei 27 Stati membri dell’UE, Islanda e Norvegia relativi al trattamento delle acque di scarico secondo quanto previsto dall’Urban Waste Water Treatment Directive (UWWTD).
Stando a quanto emerso dal report, Austria, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi trattano in conformità con la normativa vigente il 100% delle loro acque urbane di scarico; 10, invece, gli Stati che hanno raggiunto un tasso adeguamento pari al 90%. E l’Italia?
Acque reflue in Italia, i numeri
Nel nostro Paese, solo il 56% delle acque reflue viene gestito secondo quanto previsto dalla direttiva, una percentuale al di sotto della media UE del 76%. La UWWTD evidenzia infatti che l’Italia tenuta a fornire, nelle aree urbane, la raccolta di 78,2 milioni di ae (abitanti equivalenti) di acque reflue, il trattamento con la rimozione di azoto e/o fosforo per 35,3 milioni di ae ed il trattamento biologico per 74,8 milioni di ae.
Ad oggi in Italia le acque reflue urbane vengono trattate in 3.691 impianti sparsi su tutto il territorio nazionale: di questi, 1.762 prevedono il biologico con rimozione di azoto e/o fosforo, 1.757 sono di trattamento biologico ed i restanti 172 si dedicano al trattamento primario.
Il report sottolinea anche i progressi compiuti dall’Italia, dal 2014 al 2018, nella riduzione dell’impatto sull’ambiente della raccolta e del trattamento delle acque reflue urbane che, tra il 2010 e il 2019, è diminuito del 6,8%.
Acque reflue in Italia, gli obiettivi
Eppure, dal rapporto emerge quanto il nostro Paese sia lontano dagli obiettivi previsti dalla direttiva per il trattamento delle acque di scarico. Ecco perché sono ad oggi fondamentali maggiori sforzi per la raccolta di ulteriori 0,57 milioni di ae di acque reflue urbane, per il trattamento biologico di altri 9 milioni di ae e per il trattamento biologico con rimozione di azoto e/o fosforo per ulteriori 2,24 milioni di ae.
Un’altra criticità riguarda infine lo smaltimento dei fanghi di depurazione ed il loro riuso. Solo nel 2018, l’Italia ne ha prodotti quasi 388 mila tonnellate: di queste, il 23.9% è stato riutilizzato in agricoltura, l’11.4% è stato portato in discarica, il 12.7% è stato bruciato, il 20.5% è stato smaltito in altro modo, e per il restante 31.5% sono state previste destinazioni d’uso.
Leggi anche: Horizon 2020: l’Università di Verona per il recupero delle acque reflue
Basso investimento pubblico
Il mancato raggiungimento degli obiettivi UE, e gli evidenti limiti che ostacolano ancora l’operato dell’Italia, secondo l’EAA sono da ricercare nel basso investimento pubblico: il nostro Paese investe, all’anno, circa sedici euro per cittadino per nuove infrastrutture di raccolta e trattamento e per il rinnovo di infrastrutture obsolete. Una cifra, questa, ancora una volta al sotto rispetto alla media europea, che si attesta a 41 euro annui.
Alessandra Marcelli